L’Impatto economico dei dazi USA: nuovo studio ISPI

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16 Luglio 2025, 09:00, di Barbara Weisz

Italia e Germania sono i due paesi europei che pagano il conto più salato ai dazi USA dell’amministrazione Trump. E’ vero che la tariffa nei confronti dell’Europa è uniforme al 10%, e in mancanza di accordo salirà al 30% dal primo agosto. Calcolando anche i dazi settoriali, come il 50% su acciaio e alluminio e il 25% sull’auto (piuttosto che il peso sulle economie nazionali dei prodotti esentati come farmaci e alcune materie prima) si ottiene un dato rappresentativo del reale dazio pagato da ogni singola area geografica, basato sulla composizione del tessuto produttivo e sulle caratteristiche dell’export verso gli USA.

Ebbene, in base ai calcoli ISPI, a partire dal Liberation Day del 2 aprile, il dazio medio effettivo imposto dagli Stati Uniti è quasi quadruplicato, dal 2,3% del pre-Trump all’8,8%. A questo, bisogna aggiungere l’ulteriore aggravio sulle esportazioni determinato dal forte apprezzamento dell’euro sul dollaro a partire dal gennaio scorso, con l’insediamento della presidenza di Donald Trump.

Vediamo alcuni dati basati sull’analisi dei ricercatori ISPI Giovanni Maria della Gatta, research assistant, Matteo Villa, senior research fellow, e Antonio Villafranca, vice presidente per la ricerca.

Il dazio medio, Italia e confronto internazionale

La Cina, almeno fino all’intesa di fine maggio, è il paese più colpito, con un dazio medio cresciuto dall’11% al 48%, ma anche l’Europa ha immediatamente registrato un balzo dall’1,3% al 6,7%. In Italia, il dazio medio era già più alto della media europea prima della guerra commerciale, 2,1% vs 1,3%, e ora resta sfavorevole, con l’8% di maggio. Fra i paesi UE, solo la Germania subisce un impatto più consistente, con un dazio medio che a maggio ha raggiunto l’11%, mentre la Francia è più in linea con gli altri partner comunitari, al 6,4%.

L’impatto sulla crescita

Lo scenario è destinato evidentemente a peggiorare nel caso in cui non si trovasse entro il primo agosto un accordo che eviti la salita dei dazi USA al 30%. L’ISPI presenta alcuni dati relativi a questa ipotesi, in termini di rallentamento della crescita. Con i dazi al 30%, il prodotto interno lordo italiano perderebbe lo 0,36%, contro il calo dello 0,11% nello scenario attuale, quello tedesco lo 0,5%, la Francia lo 0,25%.

Il cambio euro dollaro

Le difficoltà delle imprese esportatrici negli USA non si fermano al peso dei dazi. C’è anche il cambio euro dollaro, con il biglietto verde che da gennaio si è deprezzato del 13% rispetto alla moneta unica. Quindi, all’8% del dazio medio va aggiunto questo 13% dovuto all’andamento del mercato valutario, con un aggravio totale del 21%.